Teatro Savoia
Cartellone stagione 2018 – 2019
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PENSACI GIACOMINO
26 e 27 novembre 2018
A CHRISTMAS CAROL
9 dicembre 2018Roberto Ciufoli
Musical dal romanzo di Dickens
Musiche A.Menken
Regia e coreografie di Roberto Angelini

COLPO
DI SCENA
6 e 7 febbraio 2018
THE BLACK BLUES BROTHERS
21 febbraio 2018
IL MISANTROPO di Moliére
27 febbraio 2019Giulio Scarpati – Valeria Solarino
e con Blas Roca Rey
e Anna Ferraioli, Matteo Cirillo, Federica Zacchia, Mauro Lamanna, Matteo Cecchi
scena Luigi Ferrigno
luci Raffaele Perin
Regia Nora Venturini

Certified lunatic & master of the impossible
14 marzo 2019Tomas Kubinek
Approfondisci
IL COSTRUTTORE SOLNESS
23 e 24 marzo2019UMBERTO ORSINI E LUCIA LAVIA
Renata Palminello, Pietro Micci, Chiara Degani, Salvatore Drago
e con Flavio Bonacci
uno spettacolo di Alessandro Serra

I FRATELLI KARAMAZOV
2 e 3 aprile 2019Libera versione di Glauco Mauri e Matteo Tarasco
Paolo Lorimer, Pavel Zelinskiy, Glauco Mauri, Roberto Sturno, Laurence Mazzoni, Luca Terracciano, Giulia Galiani, Alice Giroldini
Approfondisci
BALLETTO DI ROMA - OTELLO
17 e 18 aprile 2019Fabrizio Monteverde
Coreografia di Fabrizio Monteverde
musiche Antonin Dvorak
scene Fabrizio Monteverde
costumi Santi Rinciari
light designer Emanuele De Maria

CHE DISASTRO DI COMMEDIA
23 e 24 marzo 2019Di Henry Lewis, Jonathan Sayer, Henry Shields
FUORI ABBONAMENTO
Traduzione Enrico Luttman
Regia Mark Bell

ASPETTANDO GODOT di Beckett
7 e 8 maggio 2019con Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo,Fabrizio Bordignon, Gabriele Cicirello
scene Francesco Bottai
costumi Lorenzo Cutùli
Pensaci Giacomino
Pensaci, Giacomino nasce in veste di novella del 1915 per poi avere la sua prima edizione teatrale, in lingua, nel 1917. Tutti i ragionamenti, i luoghi comuni, gli assiomi pirandelliani sono presenti in questa opera. Un testo di condanna, condanna di una società becera e ciarliera, dove il gioco della calunnia, del dissacro e del bigottismo è sempre pronto ad esibirsi. La storia racconta di una fanciulla che, rimasta incinta del suo giovane fidanzato, non sa come poter portare avanti questa gravidanza. Il professore Toti pensa di poterla aiutare chiedendola in moglie e potendola poi così autorizzare a vivere della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più. Naturalmente la società civile si rivolterà contro questa decisione anche a discapito della piccola creatura che nel frattempo è venuta al mondo.
Finale pirandelliano pieno di amara speranza, dove il giovane Giacomino prenderà coscienza del suo essere, del suo essere uomo, del suo essere padre e andrà via da quella casa che lo tiene prigioniero, per vivere la sua vita con il figlio e con la giovane madre. Da qui si desume quanto tutto questo possa svolgere il pensiero pirandelliano nei confronti di una società che allora era misogina, opportunista e becera. Racconta di uno Stato patrigno nei confronti dei propri cittadini, soprattutto nei confronti della casta degli insegnanti, sottopagati e bistrattati. Grande e bella qualità del premio Nobel di Agrigento nel prevedere il futuro e come raccontava Giovan Battista Vico corsi e ricorsi storici, cioè nulla cambia nulla si trasforma: ancora oggi si veste dei soliti cenci, unti e bisunti. Una società quindi letta con la mostruosità di giganti opprimenti, presenti determinanti dequalificanti.
Fabio Grossi
A christmas carol
E’ la Vigilia di Natale nella Londra del 1843 ed il vecchio Ebenezer Scrooge, avaro, egoista e scorbutico, rifiuta scortesemente l’invito a cena dell’allegro nipote Fred e del suo fedele impiegato malretribuito Bob Cratchit. Dopo aver cacciato in malomodo i suoi uomini che li chiedono un contributo per i bisognosi, Scrooge, uscito dall’uffcio, si reca solitario alla sua dimora. Durante la cena prima di andare a letto, riceve la visita dello spirito di Jacob Marley, suo vecchio socio, morto sette anni prima proprio la notte della vigilia di Natale. Lo spirito di Marley appare a Scrooge avvolto da pesanti catene alle cui estremità pendono dei forzieri: catene che, come dice Marley stesso sono conseguenze dell’avidità e dell’egoismo e perpetrati mentre era in vita deurbando le vedove e truffando i poveri. Scrooge, spaventato, chiede al vecchio socio come evitare che gli accada la stessa sorte e Marley gli rivela di essere ancora in tempo per mutare il suo destino. Prima di congedarsi, gli annuncia la prossima visita di tre spiriti, quello del Natale passato, quello del Natale presente e quello del Natale futuro. I tre spettri, tra flashback e premonizioni riusciranno a mutare l’indolene e meschina e egoista di Scrooge, facendo risvegliare la mattina di Natale con la consapevolezza che la ricerca del denaro e l’attaccamento alle sole cose materiali sono sbagliati: finalmente la carità e la fratellanza si faranno largo nel cuore del vecchio usuraio.
Colpo di scena
In un classico commissariato di provincia, il vice questore Armando Piscitelli, conduce da sempre il proprio lavoro nel rispetto del più integerrimo rigore, con la consapevolezza di svolgere le mansioni di garante dell’ordine pubblico e difesa della sicurezza del cittadino con la tenacia e la fede di un missionario, inviato dal cielo esclusivamente per ripulire la terra dalle nefandezze degli uomini scellerati che minacciano la gente cristiana che vorrebbe condurre in pace una vita serena…
Nell’ufficio del paladino Armando, si barcamenano una serie di fidi scudieri nel tentativo di debellare “le barbarie di tutti i santi giorni”… dall’inossidabile tartassato ispettore Murolo, ai giovani agenti rampanti Varriale, Di Nardo e Farina, all’esperta rassicurante sovrintendente Signorelli…una sorta di cavalieri della tavola rotonda, attorno alla quale si aggirano le insidie quotidiane della delinquenza spicciola, lontana sì dagli echi mortali del terrorismo mondiale, ma angosciosamente vicina al respiro del singolo cittadino, a difesa del quale il vice questore si vedrà costretto all’inevitabile sacrificio di un capro espiatorio a lui tristemente noto, tale Michele Donnarumma, vittima predestinata, agnello feroce dall’aspetto inquietante, che sconvolgerà la salda religione di Piscitelli, come il più spietato e barbaro dei saraceni!
Solo allora, il paladino Armando per la prima volta nella sua vita, cercherà conforto nel tepore degli affetti familiari, trovando così rifugio tra le mura sicure della propria casa di montagna, dove ad attenderlo con ansia ci saranno suo padre Marcello, ex colonnello dell’esercito affetto da Alzheimer, Gina la sua bisbetica badante rumena, e la suadente professoressa Cuccurullo, che con stravagante follia, degna della più classica struttura psichiatrica, contribuiranno a far vacillare definitivamente le sicurezze ed i sacri comandamenti di Piscitelli!
E come nella più classica e scontata sceneggiatura di una trama thriller, neppure il tepore di un sicuro nascondiglio di montagna potrà sottrarre lo spettatore, ed il povero vice questore, dal più classico, ma “si spera” imprevedibile, colpo di scena finale…
THE BLACK BLUES BROTHERS
Cinque acrobati africani con il ritmo e l’energia nel sangue fanno rivivere il mito dei divertentissimi Blues Brothers in uno show per tutti. Tra limbo, salti mortali e piramidi umane fatevi travolgere dalla trascinante e coinvolgente carica di questa band composta da equilibristi, sbandieratori e giocolieri del fuoco. Sulle note della colonna sonora del leggendario film ecco uno spettacolo adatto a un pubblico internazionale, dove a parlare sono la musica e il virtuosismo acrobatico. Sono i Black Blues Brothers: la loro missione è divertirvi!
IL MISANTROPO
Il Misantropo è la storia di un uomo che vuole avere un incontro decisivo con la donna che ama e che alla fine di un’intera giornata non ci è ancora riuscito.”
Le parole con cui Louis Jouvet riassumeva il capolavoro di Molière, quando le ho lette per la prima volta, mi hanno fatto sorridere, interpretandole come una battuta ironica del grande uomo di teatro. In realtà colgono un elemento niente affatto riduttivo e spesso trascurato o messo in ombra a favore del tema politico dell’uomo onesto e sincero in lotta contro la corruzione e l’ipocrisia della società. L’aspetto privato, in questo capolavoro che si muove sempre in equilibrio tra commedia e tragedia, è altrettanto importante dal punto di vista teatrale, di quello sociale, perché ne evidenzia il fattore umano, e dalla corte del re Sole lo porta dritto a noi. Nella sua urgenza di parlare con Célimène, che gli sfugge e evita il confronto, nel suo bisogno di chiarirsi, di fare piazza pulita di ogni ambiguità, Alceste è un personaggio estremamente moderno. È un uomo che in modo vagamente masochista si ostina ad amare la donna sbagliata, quella che è il suo opposto in tutto, nello stile di vita, nella visione etica, nel senso dell’amicizia e dei rapporti sociali. E lo stesso vale per Celimene nei confronti di Alceste, quando dichiara di preferirlo agli altri pretendenti. È proprio la loro differenza la molla che li spinge uno verso l’altra: signora dei salotti lei, mondanamente attorniata dalla sua corte, intellettuale duro e puro lui, rigido negli scontri filosofici con l’amico Filinte, così assoluto da apparire eroico, e nello stesso tempo ridicolo.
Attorno a loro, a raccontarci il mondo che Alceste detesta e Celimene padroneggia, un carosello di prototipi umani, parodie attualissime dei vizi e dei difetti dell’alta società.
Allora se Alceste è “nostro contemporaneo” nella sua indignazione impotente e donchisciottesca contro la falsità e la corruzione, sono “nostri contemporanei”, tragici e comici insieme, anche Alceste e Celimene come coppia sentimentalmente impossibile: non si capiscono ma si amano, si sfuggono ma si cercano, si detestano ma si desiderano. Sono un uomo e una donna di oggi, con torti e ragioni equamente distribuiti, protervi nel non cedere alle richieste dell’altro, non disposti a rinunciare alle proprie scelte di vita, in perenne conflitto tra loro. Nei loro difetti possiamo a turno ritrovarci e riconoscerci; e ne ridiamo, guardandoci allo specchio. Due protagonisti di una commedia amara in cui non è previsto l’happy end.
Nora Venturini
CERTIFIED LUNATIC & MASTER OF THE IMPOSSIBLE
Tomas Kubinek è un artista americano di origine ceca che si è formato alla scuola del Physical Theatre con i maestri di questo genere, Boleslav Polivka e Frank van Keeken.
Il suo one-man show Certified Lunatic & Master of the Impossible (Lunatico certificato & Maestro
dell’Impossibile) ha ottenuto riconoscimenti da pubblico e critica: i suoi divertenti show sono una combinazione di grande comicità, mimica, vaudeville virtuoso e simpatia
irresistibile.
Specializzato in improvvisazione e clowneria, ha al suo attivo diversi tour internazionali e Master-class workshop in Teatri, Festival – è stato ospite all’International Mime Festival di Londra – e università in Europa, Nord America e Asia.
Da sempre infatti accompagna la sua attività di spettacolo a laboratori e stage per studenti e professionisti dello spettacolo dal vivo e ha lavorato anche con compagnie teatrali in studi finalizzati alla creazione di nuove produzioni. Autore e regista, questo comico dai molteplici talenti diventa, durante lo spettacolo, un autentico “poeta visivo”.
Brillante erede della tradizione del vaudeville, mette in mostra il talento di un artista completo, che si è formato alla scuola del Physical Theatre con i maestri di questo genere Boleslav Polivka e Frank van Keeken. La varietà estrema delle sue ispirazioni artistiche ha dato forma alla brillante ricchezza del suo show.
Dopo l’enorme successo degli ultimi due tour italiani, Tomas toma nel nostro Paese e si trasforma davanti ai nostri occhi in mago (la sua passione giovanile), in equilibrista, mimo, attore… senza per questo essere ridotto ad una qualsiasi di queste categorie.
In realtà, qualsiasi termine si usi per definirlo, o qualsiasi mezzo artistico lui utilizzi, Kubínek riesce ogni volta a raggiungere il suo obiettivo, perché la sua dolce follia seduce ogni volta i piccoli ed i grandi..
Un artista che si rivela allora come il portatore di un umorismo completo e profondo, fatto di poesia e di umiltà.
IL COSTRUTTORE SOLLNESS
Solness, anziano e affermato costruttore edile, è ostile ai giovani, da cui teme di essere soppiantato. La giovanissima Hilde bussa alla sua porta; gli ricorda un incontro e una promessa di dieci anni prima, fatta a lei, bimba, da lui al vertice del successo. Solness non rammenta ed è tormentato dal senso di colpa per un episodio all’origine della sua fortuna sociale, professionale ed economica, ma anche dell’infelicità sua e della moglie. Hilde gli offrirà un possibile riscatto…
«È la storia di tanti assassinii – spiega Umberto Orsini, interprete del protagonista–. Giovani che uccidono i vecchi spingendoli ad essere giovani e vecchi che uccidono se stessi nel tentativo di raggiungere l’impossibile ardore giovanile».
Lucia Lavia è Hilde «che decide di fare irruzione con una carica erotica e una energia dirompente – spiega il regista Alessandro Serra –. Solness si nutre della vita delle donne che lo circondano, ma quest’ultima gli sarà fatale e lo accompagnerà, amandolo, fino al bordo del precipizio»
FRATELLI KARAMAZOV
La trama del romanzo si sviluppa attorno alle vicende dei membri della famiglia Karamazov, al contesto in cui matura l’assassinio di Fëdor, il capofamiglia e al conseguente processo nei confronti di Dmitrij, il figlio primogenito accusato di parricidio; a un livello più profondo è il dramma spirituale scaturito dal conflitto morale tra fede, dubbio, ragione e libero arbitrio.
“Dostoevskij non giudica mai: racconta la vita anche nei suoi aspetti più negativi con sempre una grande pietà per quell’essere meraviglioso e a volte orrendo che è l’essere umano.
La famiglia Karamazov devastata da litigi, violenze, incomprensioni, da un odio che può giungere al delitto, oggi come oggi appare, purtroppo, un esempio di questa nostra società così incline all’incapacità di comprendersi e di aiutarsi. Anche il sentimento dell’amore spesso viene distorto in un desiderio insensato di violenza.
Così sono i Karamazov. Così siamo noi? Ma Dostoevskij è un grande poeta dell’animo umano e anche da una terribile storia riesce a donarci bellezza e poesia”.
Glauco Mauri
OTELLO
Una delle produzioni di maggiore successo del Balletto di Roma a firma di uno dei migliori autori italiani di danza contemporanea torna in scena nella versione originale della compagnia romana. Dopo la recente ripresa per il Corpo di Ballo del Teatro di Corte San Carlo di Napoli (febbraio 2015), Fabrizio Monteverde riallestisce per la compagnia del Balletto di Roma l’Otello su musiche di Antonin Dvořák. In questa versione, il coreografo rivisita il testo shakespeariano lavorando sugli snodi psicologici che determinano la dinamica dell’ambiguo e complesso intreccio tra i protagonisti Otello, Desdemona e Cassio. In questo triangolo mai equilatero di rapporti, i tre vertici risultano costantemente intercambiabili, grazie sì agli intrighi di Iago, ma ancor più alle varie maschere del “non detto” con cui la Ragione combatte – spesso a sua stessa insaputa, ancor più spesso con consapevoli menzogne – il Sentimento. L’ambientazione in un moderno porto di mare (dichiarato omaggio agli sgargianti fotogrammi fassbinderiani di Querelle de Brest) chiarisce e amplia l’intuizione di fondo: se Otello è, come è sempre stato, un “diverso”, un outsider, non tanto per il colore della pelle quanto per il suo essere “straniero” e abituato ad altre regole del gioco, è anche vero che la banchina di un porto è una sorta di “zona franca”, un limbo in cui si arriva o si attende di partire, un coacervo di diversità in cui tutte le pulsioni vengono pacificamente accettate come naturali e necessarie proprio per il semplice fatto che lì, nel continuo brulicare del ricambio umano, lo straniero, il diverso o il barbaro smettono di esistere. La forte presenza del mare, non relegato, come nel testo di William Shakespeare, ad un suggestivo sfondo per una Venezia o una Cipro genericamente esotiche e di parata, suggerisce i segreti, gli ininterrotti moti delle passioni con la loro tempestosa ingovernabilità, gli slittamenti inevitabili nei territori proibiti del piacere, della gelosia e del delitto. Precoce dramma romantico, Otello ben si presta alla lettura provocatoria ed eccessiva elaborata da Monteverde, in cui anche certe forzature enfatiche di Dvořák trovano pertinente collocazione fungendo da sottile contrappunto ironico all’azione dei personaggi.
CHE DISASTRO DI COMMEDIA
Dopo il successo internazionale dello scorso anno e la messa in scena in contemporanea in diverse capitali europee – Londra, Parigi, Budapest, Varsavia, Atene e Roma – torna in teatro Che Disastro di Commedia.
Il racconto prende forma tra una scenografia che implode a poco a poco su sé stessa e attori strampalati che, goffamente, tentano di parare i colpi degli svariati tragicomici inconvenienti che si intromettono tra loro ed il copione con estro e inventiva, tanto da non lasciare spazio a nient’altro che a incontenibili risate e divertimento travolgente. Tra paradossi e colpi di scena gli attori non si ricordano le battute, le porte non si aprono, le scene crollano, gli oggetti scompaiono e ricompaiono altrove. Tutto è studiato nei minimi particolari con smaliziato umorismo senza mai risultare artefatto o stucchevole.
Il ritmo incessante dello spettacolo se da un lato coinvolge il pubblico in un vortice impetuoso di ilarità, dall’altro palesa la grandissima fatica fisica che i protagonisti mettono in gioco per rappresentare i disastri che si accumulano in un crescendo senza controllo. Applausi a scena aperta per i protagonisti, un cast di istrionici professionisti con dei tempi comici senza eguali, che sono riusciti, tra recitazione e tecnica, a fare di questa commedia un piccolo grande miracolo.
In esclusiva in Italia, il regista inglese Mark Bell mette in scena lo spettacolo The play that goes wrong (Che Disastro di Commedia), nato nel 2012 in un piccolo teatro all’interno di un pub di Londra, The Old Red Lion, con un massimo di 60 spettatori a sera e una scenografia “costruita” dagli attori stessi. Questo spettacolo ha avuto un tale successo da debuttare poi in prima mondiale nel 2014 al Duchess Theatre di Londra dove è incredibilmente ancora in scena.
Premiata agli Olivier Awards 2015 come Miglior Commedia dell’anno, nel 2016 vince in Francia il Premio Molière.
Scritta da Jonathan Sayer, Henry Shields e Henry Lewis, appositamente per la Compagnia Mischief Theatre, è stata tradotta e licenziata in oltre 20 paesi, sempre diretta da Mark Bell, sbarcando in Australia, Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, a Broadway, prodotta da J.J. Abrams, al suo debutto nel mondo del teatro.
Che Disastro di Commedia racconta la storia di una compagnia teatrale amatoriale che, dopo aver ereditato improvvisamente un’ingente somma di denaro, tenta di produrre un ambizioso spettacolo che ruota intorno a un misterioso omicidio perpetrato negli anni ’20, nel West End.
La commedia è un susseguirsi di errori, strafalcioni, momenti imbarazzanti e disastri provocati dagli attori stessi. La produzione della “Compagnia Amatoriale di Sant’Eufrasio Piedimonte” si rivela una catastrofe e gli attori cominciano ad accusare la pressione, andando nel panico.
Che Disastro Di Commedia evidenzia tutte le paure e gli errori che un attore sul palco non vorrebbe e dovrebbe mai commettere.
ASPETTANDO GODOT
Il capolavoro di Samuel Beckett torna in scena in un nuovo allestimento diretto da Maurizio Scaparro. L’infinita e vana attesa di Valdimiro ed Estragone è diventata l’emblema della condizione dell’uomo contemporaneo. «Mi conforta di avere in palcoscenico attori che stimo profondamente come Antonio Salines, Luciano Virgilio, Edoardo Siravo ed Enrico Bonavera – spiega Scaparro – ma vorrei anche, alla fine delle prove, poter idealmente dedicare questa nostra fatica all’Europa della Cultura, la grande dimenticata dell’Europa che viviamo; e a quelle parole che Beckett sussurra quasi per caso, come “teatro”, “varietà” “circo”».